Novità dal decreto crescita
Niente sanzioni per chi si dimentica di confermare l’opzione per la cedolare secca sugli affitti al momento della proroga del contratto, la norma vale anche per il pregresso. Dal 1° gennaio 2020, non si dovrà versare le imposte sui canoni la cui mancata percezione sia «comprovata dall’intimazione di sfratto per morosità o dall’ingiunzione di pagamento».
Il termine per presentare la dichiarazione Imu slitta al 31 dicembre dell’anno successivo a quello cui si riferiscono i dati da comunicare. Attualmente, il termine è invece il 30 giugno. Inoltre, viene eliminato l’obbligo di presentare la dichiarazione Imu per chi vuole (e può) beneficiare della riduzione del 50% Imu e Tasi sulle case date in comodato, cioè in prestito gratuito, ai figli o ai genitori. D’altra parte, in questi casi il comodato va registrato alle Entrate.
Contratti a canone concordato Il decreto crescita prevede anche l’eliminazione dell’obbligo della dichiarazione Imu per le case affittate a canone concordato (che beneficiano di uno sconto statale del 25% su Imu e Tasi e, in molte città, hanno aliquote comunale ridotte). Per questi contratti, però, istruzioni ministeriali alla mano, la dichiarazione non è obbligatoria già oggi.
Più interessante l’eliminazione di «qualsiasi altro onere di dichiarazione o comunicazione», perché per questi contratti spesso i Comuni pretendono comunicazioni di vario genere. Resta invece l’obbligo di “bollinatura” (attestazione) per i contratti a canone concordato stipulati con il fai-da-te, senza l’assistenza delle associazioni di categoria.